Pensate che l’intelligenza artificiale sarà in grado di selezionare i lavoratori per un’azienda?
In realtà non parliamo di qualcosa da immaginare che riguarda il futuro perché l’Intelligenza Artificiale è arrivata anche nel mondo della selezione del personale, da almeno dieci anni. Inizialmente, il lavoro che svolgeva era puramente “meccanico”: filtrava lettere di presentazione, individuava parole chiave, estrapolava dati dai cv e li scremava in base a questi.
Recentemente, invece, i software di AI sono diventati maggiormente capaci a riprodurre il pensiero umano e riescono ad identificare i candidati più capaci o ad effettuare video colloqui online, senza necessità di affiancamento da parte di un selezionatore umano.
Si stima che il valore generato nel campo del reclutamento professionale si attesti, per il 2022, in 3,89 miliardi di dollari, con una previsione a 5 anni di crescita oltre i 17 miliardi.
Se questi sono i numeri possiamo sicuramente affermare che ci siano dei vantaggi nell’utilizzare l’AI per trovare le risorse. Cerchiamo di capire quindi come funzionano questi strumenti.
Come funziona la selezione online dei candidati?
Questi software hanno sicuramente il vantaggio di consentire un risparmio di tempo e di denaro alle aziende in cerca di talenti. Infatti, sono in grado di macinare molti più dati di qualsiasi recruiter. Unilever ha risparmiato, grazie ad uno di questi programmi, 6 mesi di colloqui di lavoro e circa 1 milioni di sterline l’anno, con obiettivi migliorati del 16%. Altre aziende dichiarano invece di aver ridotto il tempo di assunzione medio da 6 settimane e 5 giorni.
I chatbot utilizzati sono in grado di simulare una conversazione con il candidato, imparando e modificando le risposte fornite grazie agli algoritmi di machine learning e ai flussi di informazioni gestite. Quindi pone, per esempio, via webcam una serie di domande al candidato, rielaborando la sua risposta e analizzando anche il para-verbale quindi, tono, cadenza, lessico e il non verbale (espressioni, postura). Comparando queste risposte con le specifiche richieste per il ruolo e la mansione e con tutte le informazioni in suo possesso, decide se il candidato può passare al livello successivo, il colloquio con il recruiter in carne ed ossa.
I software sono ormai tantissimi e di diverse tipologie: c’è chi seleziona sottoponendo il candidato a giochi, quiz e puzzle, comparando le risposte alla scienza comportamentale. C’è chi è specializzato nell’individuazione dei dipendenti pronti a cambiare lavoro e altri ancora.
I sistemi di AI possono automatizzare, quindi, attività ripetitive come la valutazione dei curricula. Ciò consente un enorme risparmio di tempo nella procedura di assunzione per una posizione aperta.
Ma in Italia vengono utilizzati?
In Italia non sono ancora molto diffusi ma diverse aziende stanno adottando metodi più digitali e smart per diminuire il numero dei colloqui fisici da svolgere. È il caso di Esselunga, il cui obiettivo è quello di passare da 20.000 colloqui fisici a meno di 4.000: i candidati devono caricare un video con le risposte ad alcune domande sottoposte in differita, il software analizza i filmati e filtra i profili più interessanti, sottoponendoli al responsabile.
I chatbot, dicevamo prima, consentono un notevole risparmio di tempo, perché lavorano 7/7 giorni, 24/24 ore, rispondendo in tempo reale alle domande dei candidati e gestendo la logistica dei colloqui. In pratica, nessun ufficio risorse umane sarebbe in grado di gestire la stessa mole di lavoro.
Sembra di essere entrati in una nuova era molto interessante, ma proviamo a capire meglio quali svantaggi ci sono già oggi e quali possono essere le ripercussioni etiche.
I rischi per la privacy dei candidati
Innanzitutto, un uso improprio di questi software, soprattutto se utilizzati per scansionare i dati dai social media, causa importanti rischi legati alla privacy dei candidati.
Nella proposta di Regolamento europeo che stabilisce regole armonizzate sull’intelligenza artificiale questi software per la selezione del personale sono stati classificati come sistemi ad alto rischio, “in quanto possono avere un impatto significativo sul futuro delle persone in termini di carriera e sostentamento”.
Sarà indispensabile pertanto che debbano essere soggetti a rigorosi obblighi, prima di poter consentire un diffuso utilizzo.
E le ripercussioni etiche quali potrebbero essere?
Dobbiamo imparare a “giocare” con questi strumenti? Non sembra riduttivo pensare che il vero valore di un potenziale candidato possa essere determinato dalla sua bravura nei giochi online o dalla sua capacità di modulare il tono di voce o le espressioni facciali? E di conseguenza, immaginando questo scenario, quanto questo potrebbe essere pericoloso per persone non proprio in confidenza con questi strumenti “freddi” e “distaccati”?
Almeno per ora, i software di AI non riescono a cogliere le sfumature delle relazioni umane. Da un lato si è pensato che l’utilizzo di questi algoritmi potesse eliminare il pregiudizio umano. Ma, come dichiara Gabriella Pasi, docente di Informatica all’Università di Milano-Bicocca ed esperta dell’elaborazione del linguaggio naturale, con la tecnologia si rischia in due modi.
Il primo rischio è quello di assimilazione dei preconcetti umani perché gli algoritmi apprendono dagli esempi e in presenza di esempi polarizzati, li replicherebbero anche nel processo di selezione del personale. Il secondo rischio è quello dell’assenza di flessibilità: il software potrebbe escludere per una posizione con caratteristiche specifiche persone interessanti ma con un profilo un po’ diverso da quello stabilito. Mancherebbe in questo caso, la sensibilità, il captare segnali interessanti e “l’andare oltre” del selezionatore umano.
Così come avviene anche oggi nella selezione del personale, utilizziamo strumenti diversi che non possono essere, ad esempio, soltanto test psicoattitudinali. Questo perché i test sono molto utili per fornire un primo quadro descrittivo del candidato, ma proprio perché sono strumenti impersonali possono condizionare nelle risposte che, messe insieme, rischiano di generare un profilo distante dalla realtà della persona.
Partendo dal risultato del test possiamo però integrare attraverso altri metodi, come ad esempio un colloquio individuale o un assestment con dinamiche di gruppo, per far emergere ulteriori informazioni molto preziose al fine di individuare le reali attitudini del candidato.
Anche l’intelligenza artificiale quindi, vista come ulteriore strumento integrativo, è utile nella misura in cui è funzionale a potenziare le capacità e le competenze dei recruiter, che possono “guidare” la tecnologica e ottenerne l’espressione massima.
Rimane sempre molto utile ricordare di non dare per scontate o vere in assoluto le informazioni in nostro possesso ma di valutare attraverso l’approccio scientifico del dubbio e del cuore chi ci sta di fronte.
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