Per secoli si sono moltiplicate definizioni, concettualizzazioni e opinioni sul concetto di Coscienza e Consapevolezza. La loro definizione dipende da quale angolo visuale si sceglie: le Neuroscienze? La Filosofia? L’Etica? La Morale? La Religione? Ognuna ha risposte diverse, spesso diverse.
Francis Crik, biologo molecolare e premio Nobel, afferma che coscienza e consapevolezza vanno distinte, ma che si rimane in silenzio quando viene chiesto di darne una definizione. Sono entità molto complesse e interrelate.
Per la Morale e l’Etica, la Coscienza ha a che fare con i giusti e appropriati comportamenti. Per la Religione e la Filosofia può essere associato all’anima e al rapporto con l’universo o con il divino. Per un neuroscienziato “purista” la coscienza è il risultato dell’attività biologica dei neuroni cerebrali, quindi un epifenomeno, risultato di processi elettrochimici presenti nel cervello.
E’ interessante evidenziare che i due concetti sono diversi, ma nascono etimologicamente da uno stesso ceppo. Questo potrebbe spiegare le difficoltà e le ambiguità di significato: il termine coscienza deriva dal latino consciens, participio presente di conscìre, ovvero essere consapevole.
Per il docente statunitense di psichiatria, Daniel J. Siegel, coscienza e consapevolezza sono distinte, nessuna delle due è funzione dell’altra, ma si tratta di processi correlati in quanto:
- fanno parte delle attività cognitive della mente;
- sono sequenziali: la coscienza può essere indipendente dalla consapevolezza, ma non viceversa;
- hanno funzioni diverse: la coscienza permette di vivere e di interagire nel contesto ambientale; la consapevolezza aggiunge colori e spessore al nostro essere nella vita;
- l’essere coscienti accade e basta, mentre la consapevolezza invece è veicolata.
Si può dedurre, pertanto, che la consapevolezza può portare al processo di espansione e generazione di nuova coscienza, che una maggiore consapevolezza può “aggiungere colori” e ricchezza alla nostra vita… e qui arriviamo alla Consapevolezza Mindful.