Piccole, medie e grandi imprese. Consulenza, formazione e coaching. Sviluppo, crescita ed espansione. In tempi di Covid economy, società digitalizzata e fondi pubblici, tante le opportunità che le imprese italiane possono cogliere per collocarsi al meglio sul mercato, anche grazie al supporto degli enti di formazione. Un contesto in continua evoluzione, dove però i rischi non mancano. Ad aiutarci a comprendere il sempre più stretto rapporto tra aziende e cultura della formazione è Marco Manariti, Ceo e Founder di “Menti Pratiche”, primo ente formativo Benefit d’Europa.
Dottor Manariti, lei ha fondato il suo ente di formazione con principi etici e valori ben precisi. Come è cambiato il mondo della consulenza negli ultimi 20 anni? Che percezione hanno le persone di questo settore?
“E’ un domanda molto complessa che richiede una risposta strutturata e di ampio respiro. Diciamo che rispetto a vent’anni fa molto si è evoluto, anche se ancora sono presenti retaggi concettuali e culturali in merito alla formazione come idea cristallizzata di semplice attività di aula, quasi a volerla forzatamente associare all’ambiente scolastico: e questo accade soprattutto nelle piccole realtà, dove è ancora più difficile penetrare e dove ancora poco si conosce il nostro mondo. Tuttavia, noi come Menti Pratiche, da anni preferiamo parlare non solo di consulenza, formazione o coaching tout court, quanto piuttosto di crescita e sviluppo. Questo è il nostro paradigma, il nostro obiettivo: migliorare, implementare, accrescere conoscenze, competenze e soluzioni per le nostre realtà aziendali. E per farlo, chiaramente, esistono vari strumenti operativi”
A proposito, oltre ai cambiamenti culturali, insistono anche mutamenti operativi significativi nel mondo della formazione?
“Assolutamente, si. Un esempio può essere la logistica: le nuove tecnologie, prima, e la Covid economy adesso, hanno mutato, mettendo a disposizione una gamma sicuramente più vasta di strumenti, il luogo fisico in cui fare consulenza, che non è più solamente “l’attività d’aula”, tutt’altro. Di fronte a tutto questo, il mondo della formazione di due decenni fa rappresenta una sorta di Medioevo. Inoltre, è differente pure la figura del formatore, che diventa determinante nel saper creare tutte quelle condizioni di ambiente che possano facilitare e favorire l’apprendimento con le persone, attraverso modalità innovative e creative (virtuali, digitale e telematiche). Ecco Menti Pratiche su questo punta ogni giorno, aiutando le aziende a fare quel salto di mentalità fondamentale per aprirsi alle nuove opportunità del mercato. La sfida era – ed lo è oggi ancora di più – portare la cultura della formazione all’interno delle imprese”.
Le chiedo: questa riflessione è valida solo per le piccole e medie aziende?
“Chiaramente, quando parlo di cultura della formazione mi riferisco anche e soprattutto alle piccole e medie imprese. Molto, infatti, cambia nel caso delle grandi compagnie che hanno naturale predisposizione verso questo universo, maggiore esperienza, budget economici e finanziari più importanti e contatti internazionali più strutturati e ampi. Tuttavia, bisogna affermare che il rapporto tra formazione e piccole/medie aziende sta crescendo e le imprese stanno prendendo maggiore consapevolezza delle potenzialità di questo binomio: insomma, piano piano cominciano a investire risorse per formazione, consulenze e coaching. Un processo tutto in divenire, su cui però sono molto ottimista”.
Cosa ha favorito e sta favorendo lo sviluppo del binomio, di cui parla?
“Come le dicevo, negli ultimi venti anni siamo di fronte a un movimento che corre e si evolve. E questo anche grazie al ruolo delle pubbliche istituzioni, che hanno sfornato normative specifiche e messo a disposizione determinate risorse pubbliche. Mi vengono in mente i fondi interprofessionali, tra il 2003 e il 2005, che hanno consentito di portare la formazione all’interno delle realtà più piccole, che quindi si sono aperte a un mondo che prima non conoscevano o guardavano con una certa diffidenza”.
In questo contesto, qual è – a suo giudizio – la molla che fa scattare il desiderio di crescita e sviluppo di una azienda o di un imprenditore?
“Credo che il desiderio di crescita sia in primis qualcosa di interiore, di personale, che nasce dal proprio modo di essere. Di base, tra le skills più diffuse dell’imprenditore c’è la predisposizione alla crescita economica, ma se dispone pure della naturale propensione alla crescita “umana” e professionale della propria azienda, sarà maggiormente teso alla cultura della formazione. La consapevolezza di sapere come evolversi, di conoscere le proprie potenzialità, è un valore fondamentale: nella quotidianità, così come nel lavoro”.
E, dunque, questa consapevolezza, come si può stimolare dall’esterno?
“Innanzitutto mi preme evidenziare che circa il 98% della microimprenditoria italiana è nata “spontaneamente”, pertanto imprenditore ci si diventa quasi per attitudine ed è importante parlare di imprenditore consapevole. Questa coscienza come può essere stimolata? In più maniere: ad esempio, per emulazione o passaparola, vedendo magari una altra realtà aziendale crescere ed espandersi grazie alla cultura della formazione; oppure attraverso enti di formazione, come il nostro, che lavorano in maniera etica, o ricorrendo ai finanziamenti pubblici, che lo Stato mette a disposizione. C’è, poi, uno “stimolo” decisamente meno corretto, messo in atto da alcuni nostri competitor che adottano politiche di marketing decisamente troppo aggressive, pur di accaparrarsi l’attenzione degli imprenditori; lavorano in maniera piratesca, spregiudicata, approfittando delle debolezze di questi ultimi e promettendo profitti impossibili, senza muovere un dito. E, purtroppo, ci “cascano” migliaia di persone. La chiamerei manipolazione…”
E, invece, quali sono, secondo lei, gli strumenti e i principi per dare alle aziende un percorso di formazione professionale e corretto?
“Mi baso sulla mia esperienza, sull’esperienza di Menti Pratiche e sui principi di correttezza e professionalità, che tutti i giorni mettiamo in campo. Da anni, infatti, operiamo per realizzare e cucire desideri aziendali “su misura”, non siamo un “progettificio” ma preferiamo di gran lunga un lavoro sartoriale, lo definirei, con obiettivi precisi, mirati e legati completamente alla volontà dell’imprenditore. Ci rifacciamo all’action learning che è una tipologia di apprendimento che consente lo sviluppo degli individui, dei gruppi e delle organizzazioni attraverso l’esperienza pratica e concreta. Più in generale, crediamo in un mondo migliore, fatto di persone che tutti i giorni si impegnano per raggiungere risultati coerenti con i propri valori e con il proprio sogno di vita. La mission è trasmettere questi principi a tutti nostri clienti”.